Boom di ‘sesso chimico’ a Milano, nasce la rehab

Boom di ‘sesso chimico’ a Milano, nasce la rehab

ha fatto irruzione pure nella vita di stabili coppie gay over 50 Fra gli esperti “la preoccupazione è tanta”. E proprio in Asa Milano si è deciso di avviare il primo servizio di terapia di gruppo per gli utilizzatori di chemsex. Una ‘rehab’ su misura, un primo passo per affrontare il problema. “Ha aperto da poco, lo tiene una collega psicoterapeuta, esperta sulle dinamiche della ‘Milano underground msm’, insieme a un volontario che è un chimico farmaceutico, quindi con le competenze giuste per spiegare anche tecnicamente cosa fanno le sostanze che si assumono”. Il problema è che “pochi chiedono aiuto – osserva Bianchi – E’ difficile l’aggancio. Ma nel gruppo di terapia, aperto a chiunque sia in difficoltà col chemsex, i numeri sono in crescita e ad oggi i partecipanti sono a quota 6”, raddoppiati nel giro di poche settimane. Del resto, solo fra chi si sottopone ai test dell’Hiv in Asa i fruitori di chemsex risultano essere circa uno su 10. Mentre tra gli utilizzatori della Prep (profilassi pre-esposizione), un trattamento farmacologico preventivo messo in campo per evitare un’infezione da Hiv in soggetti ad alto rischio, le stime si alzano fino a quattro volte. I maschi omosessuali risultano più coinvolti nel fenomeno, rispetto agli etero uomini e donne. Il passaparola corre nelle chat, sui social network con servizi di geolocalizzazione come Grindr, fra le cosiddette ‘Bear community’. C’è un codice per riconoscersi. “C’è chi lo dichiara fin dal nick name di fare party chem – racconta Bianchi – chi mette simboli come il diamante per far capire che usa droghe. Una volta era magari solo l’Mdpv”, droga sintetica in forma di piccoli cristalli o polvere che ha fra i suoi effetti anche quello di aumentare l’eccitazione sessuale, “ora anche ‘G'”, vecchia conoscenza delle cronache (come ‘droga dello stupro’), “e tanti altri ‘chems'”, in una varietà infinita dal popper al più rudimentale ghiaccio spray, le bombolette usate in ambienti sportivi per le contusioni, da spruzzare su un tessuto tipo spugna e poi aspirare. Di analisi sui chem utilizzati in questi contesti gli esperti dell’Asa ne hanno condotte diverse. In generale negli ultimi anni sembra che le sostanze più utilizzate siano Mdma, ghb, crystal, chetamina, mefedrone. Non raramente si accompagna il tutto a cannabis, seguita da alcol. “Il rischio di sviluppare dipendenza è altissimo, e c’è anche una resistenza a prenderne atto”, ragiona l’esperta. “Un paio di anni fa si era anche tentato di mappare i servizi che si occupassero di chemsex e non c’era niente, adesso qualche Sert fa qualcosa. La fatica è che il modello classico delle tossicodipendenze non sempre funziona”. Fra gli addetti ai lavori ci si confronta sui pericoli emergenti, si guarda anche all’estero. Uno dei timori riguarda per esempio il ‘fentanyl’, potente oppioide sintetico. Alla sostanza in relazione al chemsex veniva dedicato ampio spazio in un numero della rivista dell’Asa. L’esordio era una domanda: “Se ci fosse a mia insaputa?”. Nello speciale viene messo in evidenza come la mortalità dovuta al fentanyl rappresenti un fenomeno grave negli Stati Uniti e questo va considerato perché suona come un campanello d’allarme rispetto a qualcosa che potrebbe succedere prossimamente anche in Italia, dove nel 2018 si è tra l’altro accertato un decesso per overdose da fentanyl. Nel focus si spiega che “a causa del suo basso costo di produzione, il fentanyl può essere miscelato dai trafficanti come sostanza da taglio assieme a sostanze più costose che hanno usi e effetti molto distanti dagli oppioidi”. Quindi potrebbe anche essere “nascosto come polvere da taglio in sostanze stimolanti” come quelle utilizzate nel chemsex.