Françoise Barré-Sinoussi, l’AIDS e la scoperta dell’HIV

Françoise Barré-Sinoussi, l’AIDS e la scoperta dell’HIV

In molti ottengono una diagnosi quando ormai è troppo tardi: L’AIDS, sindrome da immunodeficienza acquisita, è causata dall’HIV, un virus che attacca e indebolisce progressivamente il sistema immunitario, compromettendone il funzionamento. Il merito della scoperta, che risale al 1983, è di un team dell’Istituto Pasteur di Parigi guidato da Luc Montagnier e Françoise Barré-Sinoussi. Quest’ultima, all’epoca una giovane ricercatrice, è oggi una delle più importanti virologhe viventi. Premio Nobel per la medicina nel 2008, ha dedicato l’intera carriera allo studio dell’AIDS, focalizzando la sua attenzione, soprattutto negli ultimi anni, sullo sviluppo di una strategia globale – in grado di coinvolgere scienziati, medici, pazienti, comuni cittadini e istituzioni – volta alla cura e alla prevenzione di questa malattia.Françoise Barré-Sinoussi nasce a Parigi nel 1947. Da bambina trascorre le vacanze estive nelle campagne dell’Alvernia, regione della Francia centrale, osservando le meraviglie del mondo naturale. La fascinazione per la natura l’accompagnerà per tutta la vita, tanto che dopo il diploma, indecisa tra la facoltà di medicina e quella di scienze naturali, opterà per quest’ultima.Durante i primi anni universitari, fra il 1966 e il 1968, entra in contatto con le ricerche condotte in laboratorio e il suo interesse primario si sposta gradualmente dalle scienze naturali alla biochimica. Durante l’ultimo anno di specializzazione, nel 1971, cerca di entrare come volontaria presso uno dei tanti laboratori presenti nel Paese. Decine di tentativi si rivelano infruttuosi, ma alla fine riesce a trovare un laboratorio disposto ad accoglierla come volontaria. Si tratta del centro di immunologia dell’Istituto Pasteur di Parigi, guidato dal virologo Jean-Claude Chermann. È questo il momento cruciale per la sua carriera e la sua vita futura, il punto di svolta che la condurrà, alcuni anni dopo, alla scoperta per cui vincerà il Nobel. Chermann, che in quel periodo sta conducendo studi sulla relazione fra retrovirus e tumori nei topi, le trasmette una tale passione per la ricerca che Barré-Sinoussi quasi dimentica di frequentare l’università. Trascorre tutto il suo tempo in laboratorio e si presenta in facoltà solo per sostenere gli esami; si rende conto che è quello il suo ambiente naturale, il luogo in cui sente di esprimere appieno se stessa. Su richiesta di Chermann, si dedica all’analisi di una molecola sintetica denominata HPA23, in grado di inibire l’attività della trascrittasi inversa, enzima che segnala la presenza all’interno delle cellule di particelle retrovirali, appartenenti cioè a un gruppo particolare di virus, chiamati retrovirus, capaci di convertire il proprio genoma da RNA a DNA durante la fase di replicazione, integrandosi quindi nel genoma della cellula ospite. Dopo la specializzazione e il dottorato, che consegue nel 1974, la donna trascorre un periodo negli Stati Uniti, presso il National Cancer Institute del All’inizio degli anni Ottanta si verificano, in diverse zone del mondo, i primi casi di una malattia destinata a trasformarsi in breve tempo in una vera e propria epidemia. Nella sua forma acuta, questa malattiaI primi casi accertati risalgono al 1981, anno in cui i CDC (Centers for Disease Control and Prevention) del governo americano registrano casi sospetti di polmonite da Pneumocystis carinii in cinque uomini gay, fino a quel momento sani, residenti a Los Angeles. Successivamente, negli Stati Uniti e in Europa si verificano centinaia di altri casi. Nell’agosto del 1982, la malattia all’origine di questa piccola epidemia viene chiamata per la prima volta con quello che resterà il suo nome ufficiale: AIDS (L’ipotesi di partenza è che possa essere implicato HTLV (